Questo è il modo in cui ragiona una mente ossessiva. Tutto in nome della necessità di essere responsabili, in un continuo e ricercato bisogno di controllo e di evitamento di tutto ciò che è lasciarsi andare o diventare irresponsabile.
L. arriva nel mio studio per il suo rituale: per evitare che l'esame vada male il mattino seguente, deve controllare tutte le sere la disposizione dei suoi libri e percorrere il perimetro della camera. Inizialmente, sembra essere solo questo il suo rituale, ma durante il colloquio L. prende consapevolezza che le cose che per lui hanno assunto le caratteristiche di: Inevitabilità, Irrefrenabilità e Ritualizzazione, sono molte di più, così gli chiedo di portarmi, per la seduta successiva, la lista in ordine gerarchico dei rituali e la lista in ordine gerarchico degli evitamenti, dai più importanti ai meno significativi, altre cose che invece considera come pericolose le evita.
Evita di guardare certi film, per scaramanzia oppure evita di indossare accessori non abbinati alla maglia perchè potrebbero compromettere le sue performance. C'è anche una vocina che gli dice: “Devi ricontrollare l'esercizio almeno tre volte”,l’idea è: “Devo ricontrollare, ricontrollare, ricontrollare, altrimenti sarò responsabile di una catastrofe”.
Quando gli chiedo: “Poniamo che accada un miracolo durante la notte e il giorno dopo ti svegli senza avere più questo problema, da cosa ti accorgeresti di averlo superato? Cosa penseresti o non penseresti, cosa faresti di diverso o cosa non faresti più per poter dire di aver risolto il tuo problema?”
L. risponde: “Non mi sveglierei con l’ossessione di dover controllare qualcosa”.
Il disturbo ossessivo-compulsivo rientra nell’area del controllo, in quanto il soggetto che ne soffre vuole continuamente e rigidamente controllare ogni cosa: la realtà, gli altri e il mondo.
La persona inizia a mettere in atto vari comportamenti, a livello di azione o di pensiero, (spesso anche vere e proprie ritualizzazioni), che sul momento lo tranquillizzano, ma alla lunga diventano delle degli obblighi, che invadono e compromettono completamente la vita della persona (es.: lavarsi continuamente le mani per paura di essere contagiati, anche e soprattutto in assenza di reali pericoli). La persona finisce persino per dimenticare quale fosse la paura originaria e si preoccupa solamente di eseguire il rituale, diventa preda di quella tirannia dell’assurdo, per cui da comportamenti e pensieri logici, in breve tempo e senza che la persona se ne renda conto, si arriva all’illogico.
Evitamento (la persona fa in modo di non trovarsi in quella determinata situazione, così che non si senta costretta a mettere in atto le sue sequenze di azioni)
Richiesta di aiuto/rassicurazione: più frequente quando la persona è più giovane. Non è presente in tutti i pazienti, al contrario delle altre due componenti.
Rituali: Possono essere di tipo propiziatorio, con connotazioni magiche (mi vesto con la camicetta bianca e i jeans perché mi porteranno fortuna, come quel giorno in cui è all’esame scritto è uscito quell’argomento che conoscevo benissimo. Così facendo, si verificherà questa situazione anche nel futuro); preventivo (prima di uscire devo assicurarmi di aver chiuso il gas, la porta del frigorifero e...); riparatorio per riparare a qualcosa che è accaduto (mi sono contaminato e devo lavarmi le mani almeno 3 volte e in un un certo modo).
Il mio lavoro è mirato ad innescare una nuova dinamica tra il soggetto e le sue reazioni andando a rompere la rigidità e la reiterazione dei copioni disfunzionali che lui mette in atto in modo del tutto automatico e che mantengono il problema.
E' importante che la persona possa arrivare prima a sentire, piuttosto che ad agire, ovvero, a sentire che effettivamente può superare il suo disturbo e può cambiare la sua vita, questa è la cosa importante. Solo dopo che si ha avuto questo cambiamento, allora, a quel punto lì, noi gli diamo tutte le spiegazioni rispetto ai stratagemmi utilizzati per liberare “la mente del paziente dalla sua prigione”.
La ricerca-intervento trasversale condotta nell’arco di vent’anni e applicata a migliaia di casi mostra con chiarezza come l’88% dei casi possa essere condotto a estinguere il disturbo ossessivo compulsivo nell’arco di pochi mesi (dai 3 ai 6).